martedì 14 novembre 2017

Il Sacro Calice

   Ci sono emozioni che non hanno eguali, come quella di trovarsi di fronte al Santo Graal. Non sapevo che fosse conservato a Valencia, dentro la cattedrale. Bisogna però guardare la grande foto (non bene in vista e un po' di lato) a sinistra, entrando dalla porta d'ingresso 'de los Hierros', per vederlo in modo ravvicinato.
la Cattedrale, interno
navata centrale
                   
                        Valencia, la Cattedrale
                         ingresso 'de los Hierros' 
la Cappella del Santo Graal
   Il Santo Graal è custodito dentro una teca, in una cappella all'interno della Cattedrale di Valencia. La Cappella è a pianta quadrata con pareti di pietra lavorata. Intorno alla teca c'è un altare di alabastro dove sono rappresentate scene del Vecchio e del Nuovo Testamento. Spiccano nella scena principale i dodici Apostoli che partecipano al banchetto con Gesù.
   Si tratta, infatti, del Calice usato da Cristo durante l'ultima cena. Credere o non credere? Questione di fede.
  Sorprende certo la sua fattura perché non si tratta di un semplice calice. Jaime Sancho, il guardiano della reliquia, assicura che la famiglia che ospitò Gesù per l'ultima cena fosse ricca, così è probabile che il calice facesse parte dell'oreficeria di casa per la benedizione pasquale. E' sicuramente del I secolo d. C. anche se il professor Ferran Arasa, dell'Università di Valencia, secondo uno studio recente, dice che si può indicare una datazione più ampia che comprenderebbe in ogni caso il regno di Tiberio. Dal punto di vista scientifico, comunque, non si può dimostrare niente.

giovedì 28 settembre 2017

Cinque giorni e ½ a Valencia

   Sono stata diverse volte in Spagna e ogni volta ci torno volentieri, mi piacciono le sue città  vive e dinamiche. Questa volta sono rimasta sorpresa da Valencia, città all'avanguardia e tutta da scoprire.
esposizione di Manolo Valdes
Emisfero e Palazzo delle Arti
   Elegante come Madrid e vivace come Barcellona, un po' dimenticata prima della Coppa America del 2009, da allora ogni anno attrae un numero crescente di visitatori. 
   Scriveva Al-Idrisi, Descrizione della Spagna (1154):" Valencia, una delle più significative città della Spagna, è edificata in una pianura ed è molto abitata. Molti mercanti e agricoltori vivono lì. Intorno ci sono bazar essendo il punto di partenza e arrivo di molte navi".
   Porto naturale posizionato al centro della costa meridionale spagnola, ha eccellenti comunicazioni col resto della Spagna e dell'Europa.
il porto turistico
   Il suo porto ha costituito l'incentivo maggiore per lo sviluppo della sua economia. La fertilissima huerta che la circonda, col favore di un clima soleggiato tutto l'anno, fornisce prodotti agricoli di tipo mediterraneo. Oltre all'agricoltura, il turismo e i commerci sostengono l'economia del territorio.
   La proiezione avveniristica di Santiago Calatrava ha dato un nuovo aspetto urbanistico alla città con i suoi progetti rivoluzionari che l'hanno resa unica e attraente per il  turista.
   Stili architettonici diversi si affiancano senza stonature per cui si può notare il romanico, il gotico, il neoclassico e il barocco, a volte nello stesso edificio.
Plaza de Toros, neoclassica
torre barocca S. Catalina
Ma lo stile che prevale è quello modernista. Il Modernismo di Valencia è quello che per noi è il Liberty o Art Nouveau, chiamato diversamente a seconda del Paese in cui si è sviluppato. Tra gli edifici modernisti ci sono la stazione ferroviaria (dichiarato monumento storico artistico nazionale nel 1961) e il Mercato Centrale. Accanto a quest'ultimo c'è la Lonja della Seta (in stile gotico) e patrimonio Unesco, simbolo della ricchezza economica che la città ha attraversato nel passato.
la Lonja della Seta
Mercato Centrale, modernista
la Lonja, interno
   La 'ciudad vella' è visitabile a piedi e rappresenta la zona anticamente delimitata dalle mura e dalle porte, come Torres de Quart e Torres de los Serranos (i due ingressi alla città). Il quartiere più antico è il Barrio del Carmen (consigliabile la visita a piedi).
Torri di Serrano 

giovedì 29 giugno 2017

Dedicato all'ape


ape su fiore di arancio
  Dall’antichità ad oggi poesie dedicate alle api ne sono state scritte molteplici, si parla addirittura di una testimonianza letteraria che dura da cinquemila anni! Poeti di tutte le età, geograficamente lontani e culturalmente diversi si sono dedicati a scrivere versi su questo minuscolo insetto.
   Prendendo spunto da un testo che ho letto di recente, ho estrapolato alcuni versi che, a parer mio, trasmettono tutta la naturale poesia dell’ape nonostante siano diversi per ispirazione, periodo letterario e contenuto.

Anacreonte (Teos, 558 a.C.- 485 a.C.)
                   Da Odi, XL
                  Su Amore

ape dentro un fiore di mandorlo
Eros un giorno non vide un’ape
posata fra le rose, e restò ferito.
Punto nel dito della mano
lanciò un grido di dolore:
di corsa volò dalla bella Citera:
“sono perduto, madre, - disse -
sono perduto e muoio. Mi ha colpito
una piccola serpe alata,
che i contadini chiamano ape.”
“ Se d’un’ape il morso” - a lui risponde
“ è così fatale, pensa ora tu quanto soffre
un cuore che è trafitto dal tuo dardo”.
Torquato Tasso (Sorrento, 1544- Roma, 1595)
      Da Rime. Libro IV, 499
      Un’ape esser vorrei
ape dentro fiore bignonia
Un’ape esser vorrei,
donna bella e crudele,
che sussurrando in voi suggesse il mèle;
e, non potendo il cor, potesse almeno
pungervi il bianco seno,
e’n sì dolce ferita
vendicata lasciar la propria vita.




martedì 20 giugno 2017

Favole latine per oggi

   Le favole, dal latino "fabulae", sono brevi narrazioni i cui protagonisti sono quasi sempre animali che agiscono e si comportano come uomini. Sotto la tradizionale veste animalesca, sfilano i tipi umani più diversi per condizione sociale e per carattere: prepotenti, furbi, vanitosi ed altri ancora.
   La cosa più importante è, però, che le favole dicono delle verità che non è nemmeno difficile scoprire, ed esprimono una saggezza antica che è sempre moderna ed attuale. La realtà del mondo umano, in fondo, è sempre la stessa.
   Di Fedro ho scelto alcune favole molto significative che a me sembrano molto indicate per i tempi che stiamo vivendo, vedete cosa ne pensate voi.
maschera umana
Vulpes ad personam tragicam

(La volpe e la maschera tragica)
Personam tragicam forte vulpes viderat:
<< O quanta species, inquit, cerebrum non habet ! >>
Hoc illis dictum est quibis honorem et gloriam
fortuna tribuit, sensum communem abstulit.


Traduzione:
Un giorno una volpe aveva visto una maschera tragica:
<< Oh che bella, disse, non ha cervello ! >>
Questa favola vale per coloro ai quali la sorte ha concesso onore e gloria, ma ha tolto 
il giudizio.
Commento
E' tra le favole più note di Fedro e tra le più moderne. Il suo significato è questo: l'aspetto esteriore, per quanto bello ed affascinante, non basta a dimostrare l'intelligenza di colui al quale la natura ha donato il pregio della bellezza fisica. Vi è un'altra bellezza che il tempo non distrugge e non è legata al capriccio della fortuna: quella dello spirito. La bellezza quindi è solo un accessorio o è tenuta in grande considerazione specialmente oggi che si guarda più all'esteriorità che all'interiorità di ciascuno?


martedì 17 gennaio 2017

Agrumi in versi

  "Conosci la terra dove fioriscono i limoni, / ove scintillano sopra bruno fogliame arance d’oro?” Sono i primi versi della canzone di Mignon, un breve canto contenuto nel romanzo Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister di Goethe (1749-1832) in cui Mignon, presa dalla nostalgia, ricorda il sud dell’Italia con i suoi agrumi.
   Da tempo pensavo a un post sugli agrumi di cui la Sicilia è la terra più ricca, ma volevo essere originale, così l'idea è stata quella di cercarli nei versi dei poeti. Alcuni di questi li ho trovati in questo sito:
www.colturaecult
  Nella poesia cinese, durante la dinastia Tang (618-906), molti versi parlano di alberi di aranci e di altri tipi di agrumi. Non mi sono sembrati, però, significativi.
   Fu la civiltà araba che nella poesia seppe mostrare il meglio del fascino degli agrumi. Tra i poeti arabi siciliani Alì al-Ballanubi di Villanova (nei pressi di Bivona), vissuto nella prima metà dell’XI secolo e fuggito in Andalusia dopo la conquista normanna dell’Isola, rimpiangendo la terra natia così si esprime nei suoi versi “gioisci delle arance che raccogli,/ dalla loro presenza viene gioia./ Oh, siano benvenute/ queste guance dei rami,/ benvenute le stelle di quest’albero./ Si direbbe che il cielo abbia versato oro,/ e che per noi la terra abbia forgiato pomi”.
Abd ar-Rahman, anche lui poeta siculo-arabo di Trapani, vissuto alla corte normanna di Ruggero II, intorno al 1160 descrivendo un giardino di aranci nella residenza di Favara presso Palermo, così scriveva: “le arance dell’isola sono simili a fiamme/ brillanti tra rami di smeraldo/ e i limoni riflettono il pallore di un amante/ che ha trascorso la notte in lacrime/ per il dolore della lontananza”.
   Il fascino degli agrumi ispira pure due poeti spagnoli del Novecento: Federico Garcia Lorca (1898-1936) che nella poesia La Lola scrive questi versi in cui l’arancio fiorito è simbolo dell’amore: La Lola “sotto l’arancio lava/ le fasce in cotone/ ha verdi gli occhi/ e violetta la voce./ Ahi, amor,/ sotto l’arancio in fior!/…”

e Antonio Machado y Ruiz (1875-1939) che nel suo componimento El limonero languido dice così: “Il languido limone sporge un ramo/ pallido e polveroso/ sopra il limpido incanto della fonte/ e già sul fondo sognano/ i frutti d’oro…” Questi versi sono dedicati all’albero di limone che cresce nel patio dell’antica casa del poeta. L’immagine suscita in lui il ricordo e la nostalgia del tempo andato. Versi semplici ma vibranti di entrambi, spensierati quelli di Lorca, commossi quelli di Machado.