Feste del trapanese

 
                                                       Riti in onore di San Giuseppe
   Nel trapanese le tradizioni popolari sono molto radicate e rivestono un significato importante soprattutto per la gente che vive nei paesi e nei centri a vocazione agricola. Tra le cittadine che ne hanno saputo fare anche un’attrattiva turistica c’è Salemi, ben nota per essere legata all’impresa dei Mille ed essere stata anche la prima capitale d’Italia. Ma non voglio entrare in vicende storiche che pur mi appassionano.
in ricordo dell'impresa
   Tra le feste più celebrate del mio territorio mi piace presentare quella di San Giuseppe che, nella tradizione popolare, è il santo tutelare degli orfani e dei poveri, uomo giusto e onesto lavoratore.  
   In occasione della festività di San Giuseppe, che si celebra il 19 Marzo, a Salemi c’è un grande afflusso di visitatori che accorrono anche per conoscere le testimonianze monumentali e artistiche della famosa cittadina, il cui passato storico va dalla fondazione elima fino al terremoto del 1968 (che la danneggiò parecchio). A Salemi la festa di San Giuseppe dura una settimana. Chiamata anche la “festa dei pani” (perché la lavorazione dei pani la rappresentano maggiormente), si basa sulle cosiddette cene ovvero in banchetti che i cittadini devoti offrono a tre bambini che impersonano Gesù, Maria e Giuseppe.
   Per l’occasione le donne preparano dei pani votivi, di svariate forme (fiori, frutta, animali ed altro) e che hanno una precisa simbologia. Se andate a Salemi nei giorni dei festeggiamenti troverete diversi “altari” allestiti dentro chiese, case private e cortili resi accessibili per il pubblico che fa la fila per ammirarli. Nelle case dei devoti, il giorno di San Giuseppe, a mezzogiorno, c’è il cosiddetto “invito” della Sacra Famiglia per consumare le pietanze (101 in tutto) a base di cereali, verdure, frutta, pesci e dolci, manca la carne perché siamo in periodo di Quaresima. Alla fine di questo banchetto, vengono cantate le tradizionali “parti”.
                                                               Salemi: foto
   I pani vengono appesi su una cappella di legno, ricoperta di mirto e alloro, assieme ad arance e limoni, fiori e ceri. All’interno della cappella viene allestito un altare su cui vengono posti i pani più grandi, al centro è posto (o appeso) il quadro raffigurante la Sacra Famiglia. Le cene di San Giuseppe hanno un profondo significato religioso perché i pani rispondono a una simbologia ben precisa che è quella che si rifà alla tradizione cristiana, così troviamo i pani a forma di pesce, oppure quelli che si rifanno alla passione di Cristo (scala, martello, lancia, tenaglia e chiodi), e quelli che imitano il mondo della natura e dei suoi prodotti (le spighe e l'uva) o gli animali (il gallo, il pavone, la colomba, ma anche l’aquila). Presenti anche pani che si riferiscono agli arnesi di lavoro del ‘falegname’ come l’ascia, la sega, la pialla. L’agnello richiama la Pasqua, il cuore è segno d’amore, il bastone e il giglio rappresentano San Giuseppe, le spighe l’abbondanza del raccolto. Non posso elencarli tutti. I pani grandi, posti sui ripiani interni, simboleggiano i Santi e i fedeli, tra essi al centro dell’altare spicca ‘u cucciddatu’ che ha la forma del sole e simboleggia la luce divina sul creato.

   Più di una volta ho visto questi pani mirabilmente intagliati e, ogni volta, mi meraviglio di quali capolavori d’arte siano capaci le donne che si dedicano con passione e devozione alla loro preparazione!    
   La tradizione del pane a Salemi ha origini antichissime e fu introdotta dagli Elimi, popolo proveniente dall’Anatolia e insediatosi nella Sicilia occidentale nel XIII sec. a. C. Gli Elimi si cibavano di un tipo di cereale chiamato élymus (da cui il loro nome), genere di pianta appartenente alle graminacee e simile al frumento. Gli abitanti di Halycia (questo è il nome elimo di Salemi) lo usarono come alimento quotidiano. E cibarsi attraverso il pane si è protratto, attraverso i secoli, fino ad oggi.
 
   Sempre nel trapanese, a Dattilo (frazione agricola di Paceco) il pranzo sacro viene chiamato “ammitu” cioè invito di San Giuseppe. Anche qui, il giorno dedicato al santo, si scelgono tre persone tra le più bisognose per offrire le pietanze (un centinaio che si basano su cibi molto semplici), sperando di riceverne in cambio, per grazia divina, un’abbondanza di raccolto. Il 19 seguono i festeggiamenti tradizionali con, al pomeriggio, la processione del Santo.
Dattilo, inizio processione
sacra famiglia
Questa tradizione a Dattilo è abbastanza recente e risale al 1986, ma da quando ha avuto inizio è molto partecipata dagli abitanti del posto.
Marettimo: i festeggiamenti 
    A Marettimo (comune di Favignana, nelle isole Egadi) San Giuseppe è il patrono del paese. Per la festività l’isola si riempie di marettimari che rientrano dal capoluogo trapanese e dei primi turisti che ne approfittano per visitare l’isola e scoprirne le bellezze naturali e paesaggistiche. Anche la comunità di Monterey (formata da 1400 marettimari), che vive in California, è molto legata a questa festività  e alcuni rientrano per l'occasione. Nei giorni di attesa dentro le case si allestiscono gli altari votivi e si preparano i dolci tipici di San Giuseppe: la pignolata (un impasto di farina, zucchero, uovo e marsala che viene allungato, tagliato a pezzetti e fritto), la cubaita (a base di semi di sesamo) e la "petra mennula"(a base di mandorle tostate), tutti e tre mescolati con caramello di zucchero e miele, cosparsi di zuccherini colorati e tagliati a piccoli rettangoli. La sera del 18 marzo hanno inizio i riti: fuori dal paese, nella strada che costeggia il mare, vengono accesi tre falò (rito della 'Duminiara'). Il giorno successivo, il 19, propriamente il giorno del Santo, avviene il rito dell’'Alloggiate' che rievoca la ricerca di rifugio da parte di Gesù, Maria e Giuseppe.
Marettimo: la banda musicale
Marettimo: altare votivo e dolci tipici 
   A fine messa messa la porta della chiesa viene chiusa e all'interno restano solo due persone. All'esterno c'è la Sacra Famiglia che per tre volte bussa alla porta per entrare. Alla domanda "chi è?" che viene loro posta rispondono che sono tre poveri pellegrini. Per due volte viene  negato l'accesso in chiesa. La terza volta quando alla stessa domanda rispondono "Gesù, Giuseppe e Maria", la porta si apre. Seguono le celebrazioni in piazza: su un palco si allestisce una tavola imbandita e si offre il pranzo alla Sacra Famiglia (ai presenti vengono distribuite le paste che ogni famiglia ha portato). Subito dopo i tre personaggi, accompagnati dai devoti, si dirigono verso i due scali dove San Giuseppe benedice il mare. Nel pomeriggio si conclude con la processione del Santo, posto su una vara con le ruote e accompagnato dalla banda (la statua di San Giuseppe risale al 1927 e un esemplare simile si trova a Valencia in Spagna). Per i marettimari la festa di San Giuseppe rappresenta l’evento dell’anno e dà inizio alla stagione turistica (dopo l’isolamento in cui l’isola è costretta durante la  stagione  invernale).
sfincioni di San Giuseppe
Nota: nella Sicilia occidentale il dolce tipico di questa festa è la 'sfincia' di San Giuseppe. Il nome deriva dall'arabo e significa 'spugna' per via della sua particolare forma: una frittella morbida a forma di una spugna che viene riempita e coperta da crema di ricotta arricchita da grani di pistacchio e canditi di scorza d'arancia.
   










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